Chiesa Angelo Custode

Dettagli della notizia

Edificata intorno al 1730 per volere di Don Giuseppe Gargallo 1° Barone di Priolo e padre del fondatore di Priolo Tommaso Gargallo. Si ammira al suo interno il quadro “Mater Amabilis” donato dal Papa Pio VII a Tommaso Gargallo

Data:

22 Gennaio 2025

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Descrizione

All’interno della Chiesa si trova anche la tomba in marmo bianco che
raccoglie le spoglie del Marchese Tommaso Gargallo (1760-1843)
fondatore del paese e la statua dell’Angelo Custode realizzata nel 1818
dall’architetto Antonio Spinetti di Napoli.
Nel 1807 il suo successore Tommaso Gargallo marchese di Castel Lentini
chiese al re di Sicilia Ferdinando III di Borbone la facoltà di popolare il
feudo di Priolo. La richiesta fu motivata dal fatto che la mancanza di
popolazione è la prima di ogni altra cosa il principale ostacolo ai progressi
dell’agricoltura, la vera ricchezza di un paese ed il principio della forza di
uno stato consiste nella coltivazione della terra. Creando una popolazione
stabile nel feudo e accrescendo il numero degli abitanti feudali, volle far
divenire Patria del regno il feudo di Priolo ed entrare così nella nuova
Camera dei Pari. Ottenuta l’autorizzazione diede ordine di costruire
quaranta case attorno alla chiesetta, e tracciata una piazzetta ottagonale
(oggi piazza Quattro Canti), pose la prima pietra del nuovo villaggio

La Chiesa dell’Angelo Custode si trova nel centro storico di Priolo
Gargallo, a pochi passi da numerosi altri punti d’interesse della città. Fu
inizialmente dedicata ai SS. Nomi di Gesù, Maria e Giuseppe,
successivamente nel 1814 data della elevazione a Parrocchia fu dedicata al
Santo Angelo Custode, “Genio tutelare” del poeta fondatore del villaggio.
Architettonicamente la costruzione è di stile toscano. Il prospetto della
Chiesa dell’Angelo Custode si compone di due ordini, arricchite dalla
presenza di lesene sovrapposte che si elevano dalle fondamenta fino alla
cima dell’edificio. L’ordine inferiore vede la presenza di un portale
d’ingresso ligneo sopra di esso lo stemma nobiliare della famiglia
Gargallo. L’ordine superiore della Chiesa dell’Angelo Custode mostra una
splendida finestra a mosaico, nel cui centro si può notare una grande croce,
le dimensioni della finestra sono simili al portale d’ingresso, permettendo
un’illuminazione naturale all’interno. Sul fianco nord della facciata una
torre campanaria con un orologio civico installato nel 1833, con campanile
particolarmente massiccio tanto da ricordare la torre di una fortezza. Sulla
cima del campanile vi è una formazione piramidale, un dettaglio
particolare per questo tipo di edificazioni. All’interno della chiesa si
possono ammirare i dettagli aggraziati che la compongono, con un’unica
navata che porta fino all’abside con volta a cupola, si conservano la
pregiata statua lignea realizzata nel 1818 dallo scultore napoletano
Antonio Spinetti, il quadro della Mater Amabilis donato dal Papa Pio VII a
Tommaso Gargallo, inoltre sul lato sinistro il sepolcro di marmo bianco del
fondatore realizzato dallo scultore palermitano Valerio Villareale allievo
del Canova, per questo motivo detto il Canova meridionale. La chiesa
rappresenta la miracolosa fusione di ricordi e tradizioni formanti il sacro
patrimonio cittadino. Ad essa, simbolo spiritualizzato dell’unità civica,
faceva corona la verdeggiante campagna, tributo del lavoro degli abitanti
industriosi. Al santo patrono, il poeta letterato volle dedicare la statua
lignea raffigurante l’Angelo Custode.
*Trovandosi un giorno a Napoli stipulò il seguente contratto:
— Bollo — REGNO DELLE DUE SICILIE
G.6
Regno di Napoli
Regnante Ferdinando I, per grazia di Dio Re delle due Sicilie e
Gerusalemme, col presente foglio in doppio originale valitiero, come titolo
autentico a termine dell’articolo 1325 del codice civile si dichiara da noi
sotto scritti Eccellentissimo Signor Marchese di Castellentini D. Tomaso
Gargallo figlio del fù D. Filippo domiciliato strada Largo d’Alabardieri n.
24, e D. Antonio Spinetti figlio del fù Gaetano Scultore abitante nella
strada n. 5 di aver convenuto inquanto segue.
“ Esso Spinetti si obbliga fare una statua dell’Angiolo Custode di palmi 5 e
mezzo oltre la base, detta statua deve essere di legno di tutta perfezione, e
con le dovute regole dell’arte finita di tutto punto atta ad esporla alla
venerazione de’ fedeli secondo il modello, ma col genio nudo, le ali
dell’Angiolo più’ grandi, e proporzionate una di esse spiegata che covre il
genio, e con un Gallo situato sopra la base per il prezzo di docati 50
(cinquanta) de quali docati 20 gli ha ricevuti anticipatamente, ed il resto
de’ docati 30. L’Eccellentissimo Signor Marchese si obbliga di pagarli
allora quando gli consegnerà detta statua con la base, e Gallo, secondo il
modello di tutta perfezione.
Secondo, dopo l’Eccellentissimo Signor Marchese avrà osservata la statua
e trovandola come si è convenuto esso Spinetti a sue spese dovrà farci la
cassa nella quale dovrà situarla colla base ricoprendola, e facendoci tutte le
dovute cautele acciò non soffrà guasto nel mandarsi in Sicilia.
“Terzo, detto Spinetti dovrà consegnarla per li 20 del venturo mese di
ottobre dello anno 1818 e non consegnandola in detto tempo e passando 5
giorni di più si è convenuto, che lo Spinetti rilascerà dal prezzo docati 10
(dieci)”.
“Quarto, consegnandola in detto tempo, e riuscendo di tutta perfezione ed
a genio di detto Signor Marchese oltre del prezzo convenuto gli farà un
regalo a suo piacere detto Signor Marchese”.
“In caso di mancanza di osservanza del convenuto le spese del registro, ed
altre andranno a carico della parte inosservante”.
Fatto il presente foglio in doppio originale da esso Eccellentissimo Signor
Marchese di Castellentini, e Spinetti firmato da medesimi con esser
rimasto una in potere deIl’Eccellentissimo Signor Marchese e l’altro in
potere del cennato Spinetti.
“ Fatto in Napoli oggi li 20 di agosto 1818”.
“ Dico il prezzo di duc. cinquanta di questi nè ha ricevuti due. Venti
anticipati esso Spinetti e duc. trenta l’Eccellentissimo Signor Marchese gli
pagherà allorquando gli avrà consegnata la statua con la cassa ”.

D. Tommaso Gargallo Marchese di Castellentini
Antonio Spinetti
Arcangelo di Capita, testimonio
Giuseppe Conti, testimonio
Ho ricevuto la detta somma di ducati 20.
N. 1725 registrato in Siracusa lì marzo 1819
Mod. 2 Voi. 42, f9
Esatte lire sei

La festa del Patrono si celebra ogni anno l’1 ed il 2 ottobre. Essa apre il
ciclo del lavoro autunnale dei campi: la raccolta delle olive e degli agrumi.
Le olive, man mano si sono già gonfiate d’olio e gli agrumi, ancora verdi,
vanno inturgidandosi del salutare succo e van macchiandosi d’oro. Le
prime piogge dissetano la terra arsa, preparandola all’aratura. Angelo
Custode, vuol dire rumore allegria. I venditori ambulanti, “i cosaruciai” i
venditori di “calacausi e simenza” (noccioline e semi di zucca) arrivano
alcuni giorni prima della festa, sistemando le bancarelle lungo via
Castellentini e in Piazza. Giorno 29 e 30 settembre si tiene la fiera del
bestiame nello spiazzo del “ Porrazzaro ”. E’ un brulicare di bovini, equini,
ovini e di commercianti. L’allegria e per ogni dove; nell’aria c’è l’odore
caratteristico della vigilia della festa. Il Comitato per i festeggiamenti gira
per le vie cittadine bussando di porta in porta per raccogliere il volontario
contributo dei fedeli. Il primo ottobre, a mattino, le campane annunziano il
grande giorno e “u Fucaru” spara cinque colpi di mortaio, mentre la Banda
percorre le vie cittadine per dare la sveglia. Nel pomeriggio, intorno alle
ore sedici, la popolazione va ammassandosi sui marciapiedi e sui balconi
della via principale per assistere alle corse dei cavalli. Preceduti dalla
musica, i cavalli sfilano fra due ali di popolo per andare a piazzarsi al
Cavalcavia. Un colpo di mortaio dà il segnale di avvertimento. E
sgombrato il rettilineo partono i cavalli accolti da frenetici battimani. Al
termine delle corse inizia il passeggio per il Corso dove “ ognuno ammira
ed è ammirato”. Alle ore ventuno inizia il concerto della Banda in palco.
Le note della Traviata, Sonnàmbula, Trovatore salgono per l’aere notturno,
turbate dal vociare continuo dei venditori ambulanti e dal chiassoso
rincorrersi dei ragazzi. Il 2 ottobre è il gran giorno: suono di campane,
spari, musica. Dopo la S. Messa delle ore otto il Simulacro dell’Angelo
Custode viene portato in processione per tutte le vie cittadine. Fino a poco
tempo fa precedeva la processione l’Alfiere che recava l’altissimo
stendardo (m. 5). Davanti alla Chiesa dell’Angelo avveniva l’asta dello
Stendardo. La “balda” gioventù gareggiava nell’aggiudicarsi il vessillo,
che doveva essere portato per tutto il tempo della processione. Al termine
della processione, prima che il Simulacro entrasse in chiesa, avveniva il “
ringrazio”: l’Alfiere piegava per tre volte lo stendardo fino a fargli toccare
terra, in segno di saluto, e nel risollevarlo doveva agire di muscoli perché
lentamente doveva tornare in posizione verticale. Oggi tale usanza non si
fa più. Il “ringrazio” viene fatto dal Parroco con una breve predica. Dopo il
concerto, suonata la mezzanotte, si sparano i fuochi d’artificio.

*(Tratto dal libro Priolo Gargallo da borgo feudale a centro industriale,
autore Prof. Giuseppe Mignosa).

All’interno della chiesa c’è la cappella con la tomba del fondatore
Tommaso Gargallo, ad opera del Villareale, nella lapide è incisa la
seguente scritta in latino:
THOMAE GARGALLO ET MONTALTO
Siracusano, Castri Leontini Marchioni
Hujusce priolensis Municipii fundatori
Quem cenere, avitisque titulis spectandum
Sed ingenii et poesis facilitate, omnimoda litterarum laude,
Morum elegantia animi suavitate alloquii lepore
In amicos benevolentia, in patrium charitate,
civilibus muniis, virtutibusque longe praestantissimum
Sicilia diu omnisque ferme Europa celebrabant,
Nunc amissum pubblico luctu insolabiliter conqueruntur.
Ciceronis officiis, Horatio et Juvenale
Qua soluta oratione, qua poetice redditis
Aliisque operibus styli munditie venustissimis
Omnium elegantiarum patrem Italia salutavit.
Politioribus spectatissimum disciplinis
Nostrates doctorum hominum aeque ac peregrini conventus
Socium cartatim expetebant majoribusque adlegebant subsellis:
Principesque Italiae, Europaeque scriptores amicitia devinctum
Precipuo vel aemulum honore prosequebantur.
Publicis negotiis
Fide et dexteritate administrandis nulli imparem
Ferdinandus III Rex
Siculae primum militae, dein universae rei bellicae et maritimae
durissimis regni temporibus praefecit
Et a compluribus Europae regibus familiaritate dignatum
Ferdinandus II divi januarii cinguli
Leopoldus magnus Etruriae dux D. Josephi torque donaverunt.
Civium amatissimo
Ob novum ingentem. Totyamque Siciliam
Ingenii praestantia, virtutum litterariaeque gloriae exemplis collatus decus
Nullis elogiis, fatisque satis exaequando
Post varias peregrinationes et sententia domum reverso,
Ut ibi moriturus extremum halitum expiraret.
Ubi vitae, parentum, patriaeque germanae
Primas senserat, puer delicias et studia,
Franciscus Philippus, Anna, Isabella et Maria Carmela
Flii moerentissimi et perpetuo dolituri
Publicum genitori suo monumentum PP.
Tot meritorum gratiam paternique nominis celebritatem
Vix adumbrantes marmore
Sed animis penitissime insculpentes.
Annos natus LXXXII, M. IV D. XXI
Magno sui relicto desiderio, obiit XV Kal. Martias A. MDCCCXLIII.
Traduzione:
“A TOMMASO GARGALLO E MONTALTO
Siracusano, Marchese di Castellentini Nonchè fondatore del Municipio di
Priolo. Alla cui memoria, spettando il titolo degli avi, Ma con il dono
dell’ingegno e della poesia, con ogni lode nelle lettere, Eleganza nei
costumi, soavità d’animo, grazia nella parola, Verso gli amici la
benevolenza, nella carità dei padri, La Sicilia e quasi tutta l’Europa lo
celebravano, Ora si lamentano della perdita inconsolabile con pubblico
lutto. Nelle opere di Cicerone, nella prosa di Orazio e Giovenale Quanto
nelle opere degli altri per la eleganza dello stile e per tutte le cose
leggiadre ed eleganti l’Italia salutò il Padre. Conosciuto nelle discipline
politiche e del pari fra i dotti uomini del nostro Paese. Lo cercavano
vivamente nelle assemblee straniere e lo eleggevano nelle più grandi corti
forensi. Unito, in particolare, nell’amicizia verso gli scrittori D’Europa e i
Principi d’Italia o, emulo, lo caricavano di onori. Nei pubblici negozi con
fede e con abilità. Inferiore a nessuno nel trattare, Ferdinando III Re di
Sicilia Prima lo mise a capo dell’esercito poi delle cose militari universali
e marittime. In tempi durissimi di Regno e da molti Re d’Europa trattato
familiarmente. Lo insignirono Ferdinando II col cingolo del divino Giano
Il grande Leopoldo duce d’Etruria con la collana dell’Ordine di S.
Giuseppe. Per le straordinarie novità amatissimo dai cittadini e onorato ad
esempio in tutta la Sicilia per superiorità d’ingegno, di virtù e di gloria
letteraria E per volere del destino Dopo varie peregrinazioni e per volontà
ritornato a casa. Ivi morì emanando l’ultimo respiro dove della vita, dei
parenti, dei siracusani Aveva ricevuto, fanciullo, le prime gioie e gli studi.
Francesco, Filippo, Anna, Isabella e Maria Carmela I figli mestissimi e
con infinito dolore A suo Padre posero un pubblico monumento. Tanta
gloria dei meriti e celebrità del nome paterno fu adombrata nel marmo ma
scolpiti profondamente negli animi. Per suo grande desiderio accordato.
Visse anni 82, mesi 4, giorni 21.
Morì il 15 febbraio 1843.”
Il Gargallo fu traslato nel mausoleo di Priolo il 10 giugno 1845 in virtù del
Regio Decreto del 29 gennaio 1844. Con atto del notaio Felice Romano
del 27 dicembre 1940 il Marchese di Castellentini rinunziava al titolo di
patronato sulla chiesa degli Angeli Custodi, riservando alla sua famiglia la
libera proprietà della tomba del grande bisavolo Tommaso, fondatore della
Parrocchia. Nella cappella vi è sepolto anche il Marchese Filippo
Francesco Gargallo, V Marchese di Castellentini VIII e Barone del Priolo
(1882-1954).
Il fondatore

Descriviamo la figura del fondatore le cui spoglie riposano nella chiesa
dell’Angelo Custode. Tommaso Gargallo nacque a Siracusa il 25
settembre 1760, da Don Filippo, I Marchese di Castel Lentini, e da Donna
Isabella Montalto. Studiò nella città natale ed ebbe a maestri gli Abati D.
Vincenzo Moscuzza e D. Filadelfo Casaccio. Sotto tale guida e
nell’ambiente dove tutto parlava delle bellezze classiche della Magna
Grecia nacquero e si svilupparono i “primi affluenti di quel grande fiume
che fu la sua erudizione: letteratura classica, umanistica, economia
politica e sociale”. All’età ‘di diciannove anni, nel 1779, conobbe Ippolito
Pindemonte che trovavasi di passaggio a Siracusa. Il comune amore per la
poesia legò i due in salda e fraterna amicizia ”. Nello stesso anno partì col
Pindemonte per il suo primo viaggio attraverso l’Italia. Ebbe così modo di
conoscere e farsi apprezzare dal Cesarotti, che divenne il suo Maestro.
Per i viaggi ebbe una passione tutta particolare e desideroso com’era di
conoscere nuovi popoli “La sua posizione economica gli permise, rara
fortuna, di potere viaggiare. una vita intera, libero da preoccupazioni non
confacenti col suo temperamento”. In questo suo contatto continuo con
quella numerosa schiera di elettissimi ingegni, che amavano le lettere, le
arti, la giurisprudenza, la filosofia, divenne devoto ed apprezzato amico di
Vittorio Alfieri, del Parini, di Vincenzo Monti, del Capponi, del Rosmini, del
Giordani, del Canova, del francese poeta Lamartine, di principi e duchi e
dello stesso re di Francia Luigi Filippo del quale fu parecchie volte ospite
nel palazzo di Versailles. I viaggi ebbero perciò un grande peso nella
formazione dell’uomo giacché accolse con fervore intenso tutto ciò che di
nobile e bello gli si presentava e, con i suoi scritti, mirò a riversare sulla
Sicilia le nuove esperienze tecniche degli altri popoli.
Fu di carattere franco e volitivo. Di lui scrisse il Bozzo: Volle col volere
forte dell’Alfieri, ché l’indole insulare lo facea tenacissimo ”. Parlava
correttamente lo spagnolo, il francese, l’inglese ed il tedesco. Politico,
Economista, Sociologo, Pedagogista. Ricoprì importantissime cariche
pubbliche e militari, fu Ministro della Guerra e della Marina. Nelle
Memorie Patrie tracciò un piano di riforme per lo sviluppo di Siracusa,
veramente ardito. Criticò il sistema politico-amministrativo;
l’amministrazione della giustizia (condannando la pena di morte). Dettò
principi per il sollevamento economico della classe contadina. Condannò
gli abusi del baronaggio siciliano. Mostrò, con un quadro analitico, i
rimedi ai mali che affliggevano la società siciliana. Vide nella educazione
del popolo, con la creazione di scuole, la principale e necessaria premessa
al progresso civile. Possiamo definirlo, con un vocabolo alla moda dei
tempi nostri, un meridionalista ”. Insigne letterato, traduttore di Orazio e
Giovenale, ma questa opinione, come scrive il Bianchi, è parziale perché
l’attività letteraria non fu solo quella di traduttore. Fu il primo a
contribuire ad unire, nel campo letterario, la Sicilia all’Italia. Fu poeta
apprezzato dai sommi astri del firmamento letterario del tempo. Se
Lamartine lo chiamò l’Horace moderne e tradusse di lui una poesia
anacreontica la “Farfalletta” in francese, il Cesarotti giudicò divino, a cui
niun altro antico o moderno può pareggiarsi il sonetto e Iddio annunziato
all’uomo dalla ragione; Vincenzo Monti definì incomparabile il sonetto
“Iddio manifestato dalla Rivelazione”. Gli Epigrammi piacquero a Vittorio
Alfieri. Fu poeta della natura e delle bellezze sicule greche. In alcune
anacreontiche ed in alcuni idilli cantò le meraviglie della verdeggiante
pianura della sua Priolo. Fu accademico membro della Accademia della
Crusca, e sostenitore del neoclassicismo, nel maggio del 1837 si recò a
Firenze su invito dell’Accademia della Crusca, roccaforte dei classicisti,
sorta nel 1582 che con la pubblicazione del vocabolario si atteggiava a
unica depositaria della perfezione della lingua italiana. All’Accademia
tenne una conferenza sul tema “Romanticismo e Classicismo”, essendo tra
i maggiori esponenti della corrente neoclassica della letteratura italiana in
aperto contrasto con quella romantica, tanto che il Gargallo in questa
conferenza affermò “che i romantici avevano sfrattato gli Dei dall’Olimpo,
obbligandosi, invece, a studiare le deliziose cronache de’ Goti e de’ Celti.”
Questa frase destò il risentimento del Manzoni, sostenitore del
romanticismo, e si rivolse alla madre Giulia Beccaria, figlia di Cesare
Beccaria uno dei padri dell’ Illuminismo italiano ed autore dell’opera
letteraria  il trattato “ Dei delitti e delle pene ”, in cui viene condotta
un'analisi politica e giuridica contro la  pena di morte  e la  tortura , di cui il
Gargallo condivideva perché illuminista anch’egli. Ma Giulia Beccaria
non intervenne presumibilmente  perché riconobbe nel Gargallo le simpatie
illuministe.
Nel periodo che va dal 1827 al 1835, tornato a Siracusa , svolse ampia
attività letteraria. Conobbe e si legò d’amicizia con il poeta tedesco August
Von Platen che dal 1833 si era trasferito a Siracusa, di cui si era
innamorato, decidendo di viverci fino alla morte avvenuta il 3-12-1835.
Nel 1833 fu nominato Consigliere della Reale Commissione dei Titoli di
Nobiltà e il Senato di Palermo, e cittadino onorario della città di Palermo.
Il Senato della città di Palermo, nella seduta del 22 settembre 1832 così
deliberava: “ Ritenuto che molti e distinti sono stati i servigi da lui resi in
diverse circostanze allo Stato. Ritenuto che altamente grida la Fama nella
repubblica letteraria a pro di questo Nobile Individuo tanto per le
profonde e peregrine cognizioni delle quali Egli va adorno nella bella
letteratura che per le esimie dottrine nelle scienze. Ritenuto che a questo
riguardo il nominato Marchese Gargallo ha ottenuto delle particolari
distinzioni, ed onori presso le più culte Nazioni d’Europa ed eruditi
principi che hanno saputo conoscere i di Lui meriti letterari. Ritenuto che
riunita l’Accademia delle Scienze, e Belle Lettere in questa Casa
Comunale, ch’è di sommo onore a questa Capitale lo annoverare fra i suoi
cittadini la persona del Marchese Gargallo. Per siffatte considerazioni ha
deliberato il Senato che da questo Cancelliere Archiviario si spedisca al
signor Marchese Gargallo il privilegio di Cittadino Palermitano.”
Durante i sui continui viaggi conobbe Giacomo Leopardi, con il quale
strinse una sincera amicizia, ma il Leopardi si rivolgeva sempre a
Tommaso Gargallo con riverenza letteraria, Il Gargallo cercò di prodigarsi
perchè il Leopardi fosse nominato docente di Letteratura nell’Università di
Palermo. Tale interesse aumentò quando il Leopardi gli confidò che la
fonte della sua vena poetica erano stati gli idilli di Mosco di Siracusa,
poeta del II sec. a.C e seguace di Teocrito. Successivamente arrivò la
rinuncia alla cattedra per ragione di salute da parte del Leopardi.
Il 7 febbraio 1842, ottenuto il permesso di recarsi in Sicilia, necessario a
lui quale Gentiluomo di Camera con esercizio, stanco e afflitto dalla
vecchiaia tornò a Siracusa, dove arrivò alla fine di novembre 1842,
presago della prossima fine. “... vi stette nei primi tempi discretamente,
tanto che usciva accompagnato. Ma poi si allettò. E il 15 febbraio 1843,
alle ore 2 di notte nel suo palazzetto di San Gaetanello, nell’attuale via
Gargallo, spirò serenamente. Dopo solenni esequie, rese più imponenti
dall’apparato militare, fu sepolto nel Camposanto, il primo aperto fuori le
mura, presso le falde dell’ Acradina, e, poi, il 10 giugno 1845, fu traslato
nella tomba preparatagli nella chiesa parrocchiale della sua Priolo dove
volle essere sepolto, e che si attribuisce a Valerio Villareale. La traslazione
fu accompagnata per lungo tratto dal popolo con fiaccole, omaggio della
città un tempo nobilissima e dottissima e che tanto l’aveva amata e per un
momento l’aveva tolta dall’oblio.” (Filippo Francesco Marchese di
Castellentini). La città intera lo omaggiò annullando la festa di Carnevale,
sospesi gli spettacoli e chiuso il teatro senatoriale. Esaminando la sua
figura, Filippo Francesco di Castellentini nella prefazione alle memorie, lo
definisce “un poligrafo (che scrive su svariati argomenti) più che un
umanista o, meglio, un letterato nel vero senso della parola. Non ebbe un
temperamento di uomo politico che, benchè non gli mancassero le
cognizioni storiche, economiche, diplomatiche e sociali, gli mancava
quella freddezza che tanto vale nell’uomo di Stato, la cui morale non è
ordinariamente quella corrente”. Gli mancava anche la risolutezza del
carattere: “quell’ondeggiare continuo fra la tradizione e le nuove idee, che
quasi si imponevano istintivamente al suo ingegno, senza dubbio molto
aperto, e al suo gran cuore.” Nella stanza dove morì, oggi sede
dell’Archivio Notarile in Siracusa, dai nipoti fu posta la seguente lapide:
“Qui morì il 15 febbraio 1843 Tommaso Gargallo Marchese di
Castellentini Che primo nella poesia del suo tempo in Sicilia Fu per
antonomasia il traduttore di Orazio E illustre per le dignità dello Stato Non
meno che per la Dignità della vita. Ridestò il nome di Siracusa Dopo
secoli di squallore. I nipoti non immemori.”
La rivista “Il Trovatore Lombardo“ del 19 febbraio 1843 pubblicava, in
occasione della sua morte, un sonetto in memoria del Gargallo, che così
iniziava:
“Dov’è Gargallo, ch’ebbe in tanto onor
Dalla vetusta età la delfic’arte,
E fe’ più bel d’ italico splendore
Quando di grande il Venosin compose?...”
Sempre in occasione della sua morte l’abate Agostino Gallo, letterato
palermitano, si adoperò perchè fosse posta una lapide in piazza Marina a
Palermo con la seguente iscrizione: “Al sommo prosatore vate immortale
Traduttore d’Orazio e Giovenale.”

*(Tratto dal libro volume quinto “L’Agro Priolese” autore Luigi
Sebastiano Maria Carta).

Tra le opere del Gargallo riteniamo menzionare quella dedicata alle
riflessioni sulle condizioni socio sanitarie della popolazione. Il declino
socio economico nel corso del settecento indusse Tommaso Gargallo a
chiedere al re dei finanziamenti utili sia al rilancio economico e per
mitigare le sofferenze sociali della città di Siracusa e del suo territorio. Il
re Ferdinando di Borbone rispose a Tommaso Gargallo, disse di scrivere
un promemoria sui bisogni della popolazione. Invece di un semplice
promemoria Tommaso Gargallo scrive una opera letteraria “ Le Memorie
Patrie per lo ristoro di Siracusa”. L’analisi socio-sanitaria, oltre che
economica condotta dal Gargallo all’interno di quel filone illuminista
meridionale, si tratta di uno scritto di grande interesse per la conoscenza
dello stato sociale e sanitario di quel tempo. Essendo l’università di Napoli
che fiorisce per la medicina e la legge, con qualche soccorso pubblico si
potrebbero inviare giovani di liete speranza e frequentare i corsi
universitari. Con questi presupposti il Gargallo sostenne la necessità di
finanziare la formazione attraverso buoni studi per aiutare i giovani che da
soli non potrebbero perpetuare, ricordiamo che la scuola era appannaggio
solo per le classi della nobiltà. Occupandosi della disastrosa condizione
sanitaria, evidenziando un altissimo tasso di mortalità neonatale, le
puerpere partorivano senza alcuna assistenza medica, ed in mano alla
crudele imperizia di levatrici zeppe di ridicoli riti superstiziosi. In questa
opera si evince la fede illuminista del Gargallo, nel condividere
fermamente la voglia di illuminare la mente degli uomini, ottenebrata
dall’ignoranza e dalla superstizione, servendosi della ragione e
dell’apporto della scienza. Sulla basi dalle memorie patrie del Gargallo
avviene la nuova organizzazione sanitaria con la legge borbonica del 20
ottobre 1819 (la prima riforma sanitaria), che collocò tutta la Sanità alle
dipendenze del Dipartimento degli Affari Interni del governo Borbonico,
istituendo due Magistrati Supremi, uno a Napoli e uno a Palermo. Con la
suddetta legge in tutto il Regno delle Due Sicilie furono annoverati come
deputazioni sanitarie di prima classe, Napoli, Palermo, Messina e Siracusa.

Le parole di Anselmo Madeddu su Tommaso Gargallo
“...le sue traduzioni oraziane allora fecero letteralmente epoca (e tutte
sono reputate le migliori mai fatte), viene più facile comprendere i motivi
di quella grande popolarità della quale godette tra i suoi contemporanei, e
che gli permise di essere accolto con grandi onori dai maggiori letterati
della sua età e da tutte le Corti d’ Europa. Le sue poesie, però, furono
soltanto espressione di un’epoca e di una corrente di gusto, il
neoclassicismo. Ciò non toglie comunque che il Gargallo nel suo tempo fu
indiscutibilmente una delle massime personalità della letteratura italiana di
fine Settecento e dei primi Ottocento, ad onta del parziale oblio in cui
versa oggi la sua figura”.


Servizi


Modalità di accesso

Accessibile ai disabili


Indirizzo

Via dell'Angelo Custode, 42, 96010 Priolo Gargallo SR

Ulteriori dettagli



Contatti

Municipio

Via Nicola Fabrizi, 1

Tel: (+39) 0931 779111

pec: ufficio.protocollo@pec.comune.priologargallo.sr.it


Ultimo aggiornamento: 05/02/2025, 17:04

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